Fra 30 anni l'Italia sarà non come l'avranno fatta i governi, ma come l'avrà fatta la televisione.
E. Flaiano
Notizia di ieri: il ricorso della RAI contro il reintegro di Tiziana Ferrario alla conduzione del Tg1 è stato respinto, con la motivazione che la giornalista era stata discriminata. La RAI sosteneva che il cambio dietro la scrivania ordinato dal direttore Minzolini fosse all'insegna di un rinnovamento generazionale. La sentenza, invece, conferma le voci che sostenevano che il vero motivo era il rifiuto della Ferrario di firmare la lettera di sostegno allo stesso direttore in seguito allo scandalo di Trani. Detto in altri termini, nella TV pubblica non si tollera il dissenso.
Questa notizia arriva in un momento già difficile per Minzolini, dopo le rilevazioni sulle sue spese folli effettuate con la carta di credito aziendale, che hanno messo in moto anche la Corte dei Conti. Eppure il "direttorissimo" è ben saldo sulla sua poltrona, in virtù del pieno sostegno di cui gode da parte del CdA, a maggioranza di centro destra. E qui veniamo al punto. La lottizzazione della RAI è una pratica antica, esercitata purtroppo da tutti gli schieramenti che si sono succeduti al governo, addirittura codificata dal famoso manuale Cencelli ai tempi della prima Repubblica. Ma l'influenza della politica sull'informazione non era mai giunta a un livello così intenso come sotto il governo Berlusconi. Poiché le principali TV concorrenti sono non controllate, ma direttamente possedute dal capo del governo di cui sopra, si realizza un pressoché totale controllo dell'informazione e del sistema televisivo in generale ("editto bulgaro" dice qualcosa?). Fatte salve le eccezioni Santoro, RAI 3 e La 7, è come se fossimo tornati all'Istituto Luce. Guardando i fatti da questo punto di vista, Minzolini non è che un funzionario del MinCulPop dei giorni nostri.
Una certa atmosfera politica anni '30 si respira anche al di fuori di Saxa Rubra, a dir la verità. Penso al monumentale culto dell'immagine nei confronti di Silvio Berlusconi. Approfittando della potenza di fuoco del suo impero editoriale e televisivo, quest'uomo è riuscito nell'arco di pochi anni a dirottare il centro dell'attenzione politica dalle idea alle persona, nello specifico la sua. La retorica del leader che guida la sua squadra è ormai parte integrante del linguaggio politico, al punto che non sono più le idee a portare alla ribaltà questo o quel personaggio, ma è il personaggio che impone le proprie idee. La recente dichiarazione del Ministro (ahimé!) Carfagna è l'ultimo esempio: "Silvio Berlusconi ci ha indicato la rotta per andare avanti fino al 2013". In fondo, quali sono gli ideali che hanno guidato l'operato dei vari governi Berlusconi? Non mi riferisco ai provvedimenti ad personam, ovviamente. Parlo delle idee e dei valori propri dello schieramento politico. La libertà? Un po' generico, no? E poi, libertà di che? Vigilata, forse. E qual è la preoccupazione principale negli ultimi tempi, se non quella di difendere Berlusconi dalle grinfie dei comunistissimi magistrati di sinistra? Siamo sempre lì, al centro c'è lui, circondato dai suoi sodali e dai vari Circoli della libertà, Circoli "Silvio ci manchi" e via dicendo. Ai quali, tra l'altro, comunica con frequenti videomessaggi in stile Bin Laden, in cui viene declamato il verbo e indicato il cammino. È la logica del "credere, obbedire, combattere".
In questa logica, lo Stato non è più un entità superiore agli individui che lo guidano e che se ne fanno servitori. Berlusconi si impone come simbolo dell'Italia, cosicché chi lo critica viene tacciato di essere anti-italiano. Era successo a Saviano, come si ricorderà, lui sì degno di essere indicato come figura di riferimento. Secondo questi signori, criticare la criminalità organizzata, e in generale mettere in rilievo i problemi dell'Italia, non significa rendere servigio al proprio paese ma infangarne il buon nome. La polvere, si sa, non va spazzata ma nascosta sotto il tappeto. Per di più, nella logica de "lo Stato sono io" (che ci sia una relazione con la statura?), i difetti dell'Italia corrispondono ai difetti di... lui. Occorre tacere e coprirli con un bello strato di cerone. Più recenti le affermazioni del Ministro (ri-ahimé!) Rotondi su Caparezza, reo di descrivere in una canzone alcuni dei mali che affliggono il nostro paese e Milano (la città dell'amato premier, oltraggio!) in particolare.
I fascisti sono sopravvissuti alla caduta del regime, ma il clima era ovviamente cambiato, le loro idee e loro metodi erano tabù e hanno dovuto nascondersi, politicamente parlando. La cultura, la vita politica e l'opinione pubblica erano usciti, per così dire, immunizzati, per cui non c'era più un humus fertile per un certo tipo di pensiero. I virus, però, a volte possono mutare e sviluppare delle resistenze. In questi casi i classici rimedi non funzionano più e il rischio di una ricaduta pericolosa si fa concreto. Non è un caso che fra i più fervidi sostenitori di Berlusconi si notino gran parte dei nostalgici della peggior specie, che tentano di mimetizzarsi nell'arco costituzionale ma che a volte tradiscono i loro più innati istinti. È per questo motivo che la fase più delicata del declino del piduista di Arcore sarà il post. Se nel dopoguerra la priorità era evitare i rischi derivanti dall'estrema instabilità politica, questa volta si tratterà di "riconvertire" tantissime persone all'esercizio del pensiero indipendente e a una concezione della politica come gestione della cosa pubblica in nome di interessi collettivi. E a dimostrare che non è vero che "sono tutti uguali".
P.S.: Faccio gli auguri a tutte le donne. A malincuore, perché mi dispiace che il diritto delle donne a un vera parità torna in auge solo un giorno all'anno, in occasione della più ipocrita ricorrenza. Consiglio la lettura di un breve racconto di Teresa Orsetti su Camminando Scalzi.
P.S.: Faccio gli auguri a tutte le donne. A malincuore, perché mi dispiace che il diritto delle donne a un vera parità torna in auge solo un giorno all'anno, in occasione della più ipocrita ricorrenza. Consiglio la lettura di un breve racconto di Teresa Orsetti su Camminando Scalzi.
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