E' l'equazione di Drake. A voi il compito di capire il motivo per cui l'ho usata come intestazione del mio blog. Mi piacerebbe che questo fosse uno spazio per esprimere i pensieri e le riflessioni che mi ronzano in mente e per ricevere le opinioni positive e, soprattutto, negative di chi le riterrà comunque meritevoli di una lettura.

giovedì 19 maggio 2011

Lezioni di provincialismo

L'uomo, qualche volta, è come le scimmie: ha il gusto dell'imitazione.
E. Biagi


Da siciliano, non posso non commentare l'ultimo provvedimento dell'Assemblea Regionale Siciliana.  L'ARS ha approvato, con il voto anche delle opposizioni, una legge proposta dall'MpA, il partito del governatore Lombardo, che prevede lo studio del dialetto siciliano come materia scolastica obbligatoria nelle scuole elementari, medie e superiori della regione.
I commenti degli onorevoli siciliani sono un susseguirsi di dichiarazioni trionfalistiche di orgoglio isolano. Le parole di Lombardo riassumono abbastanza bene l'idea generale: "Siamo fieri della nostra cultura e delle nostre tradizioni. Per questo sono orgoglioso di questa legge che preserva il nostro immenso patrimonio storico e letterario, ponendo le premesse per renderlo parte integrante dei processi formativi delle nuove generazioni". Sul sito di un quotidiano siciliano online si legge un articolo a firma di Nicola D'Agostino, tra i promotori della norma, il quale cita Vincenzo Consolo come ispiratore dei principi che hanno spinto alla stesura del testo. Sarà. Peccato che Consolo non sia esattamente favorevole: "Ormai siamo alla stupidità. Una bella regressione sulla scia dei 'lumbard'. Che senso hanno i regionalismi e i localismi in un quadro politico e sociale già abbastanza sfilacciato? Abbiamo una grande lingua, l'italiano, che tra l'altro è nata in Sicilia: perché avvizzirci sui dialetti? Io sono per la lingua italiana, quella che ci hanno insegnato i nostri grandi scrittori, e tutto ciò che tende a sminuirla mi preoccupa". Gli fa eco Andrea Camilleri: "Il dialetto non è solo importante, è la linfa vitale della nostra lingua italiana. Ma in sé e per sé non ha senso, se non è dentro la lingua. Soprattutto l’insegnamento del dialetto a scuola è una proposta insensata. Vede, il rischio in Italia era la perdita del dialetto. Ma non si può andare all’opposto ed eleggere il dialetto a lingua".
A mio modo di vedere in Sicilia si fa spesso una gran confusione fra cultura e folklore. Senza dubbio quest'ultimo è parte della cultura, ma elevarlo allo stesso livello è sbagliato e controproducente. Non basta cristallizzare la tradizione popolare per creare o salvaguardare la cultura di una terra. Al contrario, è dalla cultura che si originano le tradizioni e non viceversa. Non basta mettere in piedi un museo etnografico, ammassando dentro un'antica casa ristrutturata qualche centinaio di vecchi utensili contadini e domestici, come da molto tempo capita in molti comuni siciliani, per diffondere cultura.
Da un punto di vista estremamente pratico, l'insegnamento del siciliano nelle scuole appare peraltro del tutto inutile, considerato che i ragazzini dell'isola il dialetto lo conoscono abbastanza bene. Non è necessario essere nati e cresciuti a Siracusa, basta essere stati in vacanza per più di una settimana al di là dello Stretto per sapere che il siciliano è spesso lo strumento principale di comunicazione orale, non solo in famiglia ma anche nelle scuole, al di fuori del programma didattico. È sicuramente vero che l'idioma va scomparendo con le nuove generazioni, ma non è l'insegnamento a scuola lo strumento adatto per salvaguardarlo. Non si capisce il senso di un provvedimento del genere se non come sterile e stupida risposta alla barbarie leghista imperante negli ultimi anni. L'ignoranza non si combatte con le stesse armi, pena il degrado collettivo. La cultura si realizza quando diverse voci e contributi si fondono e costruiscono un patrimonio condiviso, esattamente il contrario di quello che si tende a fare insegnando il siciliano a scuola o scrivendo i segnali stradali in friulano.
Si percepisce, nello spirito della norma, una sorta di contrapposizione fra la cultura italiana e quella siciliana, come se l'una annientasse l'altra e non ne fosse, invece, il frutto, insieme alle altre culture locali. Che il provvedimento ricalchi le bieche istanze locali leghiste, all'insegna del più puro provincialismo, lo dimostrano anche le trascrizioni del dibattito in aula precedente la votazione. Ecco la motivazione che ha spinto Titti Bufardeci, dell'MpA, a votare a favore: "Noi, come troppo spesso capita, siamo al passo rispetto a quello che è una indicazione che altri hanno imposto e che noi, a mio avviso, correttamente, dobbiamo fare anche nostra, perchè sarebbe veramente fuor di luogo pensare che una Terra, così come qualcuno vuole chiamare la Padania, che certamente non ha una tradizione linguistica, viene così definita. Ricordo una battuta di un noto avvocato del foro di Siracusa, l’avvocato Piccione, magari qualche siracusano potrà meglio comprendere, anche nella figura dell’avvocato al quale faccio riferimento, decano del foro siracusano, uomo di grande cultura, importante e illuminato giurista: in un momento di contrasto con un pretore, una dottoressa di Padova, in un momento in cui l’avvocato anziano non si sentì trattare con il dovuto garbo che merita l’avvocato e che merita ancor di più un avvocato anziano come l’avvocato principe del foro, appunto Corrado Piccione, replicò a questa giovane Pretore del Nord che veniva a Siracusa a far legge, che quando ancora nella sua Terra pascolavano le pecore, a Siracusa già recitavano i testi di Euripide, di Sofocle. E quindi, è evidente che sotto questo profilo sarebbe ben poca cosa per la nostra Terra immaginare che in Veneto e non so in quale altra regione, debbano occupare questo spazio riservato nel piano nazionale alla storia, alla lingua, alla identità, noi che sicuramente lingua abbiamo e storia abbiamo e patrimonio assoluto siamo sotto il profilo della cultura e della civiltà. Non c’è ombra di dubbio, come ricordava anche l’onorevole Vinciullo, che da noi nasce il pensiero occidentale. Ed aveva ragione l’avvocato Piccione quando ricordava questo al magistrato del Veneto, perché quando da noi Platone passeggiava e studiava e inventava il mito della caverna, sicuramente in altre parti non si parlava nemmeno la lingua. E quindi è evidente che in Sicilia abbiamo necessità di farlo, ma come mero adempimento, senza enfasi, senza che qualche forza politica pensi di far passare una legge che ha dato finalmente ristoro ed appagato una ferita, un vulnus alla nostra identità. Stiamo eseguendo una possibilità che il piano nazionale ci offre. Utilizziamola al meglio."
Evidentemente la mancanza di alcune ore settimanali di dialetto a scuola costituiva un vulnus all'identità siciliana. Ora che con questo provvedimento la ferita è stata tamponata, si può pensare di guarirla del tutto introducendo anche corsi di intreccio di canestri, pittura di carretti e studio dello scacciapensieri. Pardon, marranzanu.

2 comments:

Anonimo ha detto...

Ho provato anch'io nelle "pagine" del mio blog a crivere in dialetto bolognese. Una fatica boia, più che una lingua straniera.
Ho ricevuto email di incoraggiamento, rimprovero, ringraziamenti, suggerimenti, correzione di errori. Alla fine ho contato erano di più quelli che "tentavano di correggere" gli errori, che quelli che mi sosteneveano.
Non riesco ad aggiornare la pagina, ho paura di sbagliare.
Comunque ritendo una gran c..... quella del dialetto. Può essere una trovata alla paesana, una burla tra amici, ma non una lingua da insegnare.
Ciao Salvo, un abbraccio

Salvo ha detto...

Secondo me il dialetto è bellissimo quando è frutto di una spontaneità personale, un attimo di "trasgressione" rispetto alla lingua madre. Se istituzionalizzato perde di significato, si impoverisce e impoverisce anche chi lo usa.
Ciao speradisole, un abbraccio anche a te!

Posta un commento